La voce della coscienza

 


1 marzo 1973.

Figli diletti, eccovi qui con la vostra Mamma per consolare Gesù, quel mio Figlio che amareggiato, insultato, crocifisso continuamente nelle anime dei suoi figli, si presenta ancora una volta e sempre a voi e, accennando al suo cuore ferito dalla lancia, vi dice: "Ecco quel cuore che ha tanto amato gli uomini!".

Voi dunque siete qui con me a compiere un pietoso dovere verso di Lui. Assomiglia la vostra preghiera a quelle materne carezze e baci che io andavo imprimendo sulle guance del mio Figlio, quando, ritornando presso di me, dopo i suoi viaggi apostolici, Egli chiedeva al mio cuore materno conforto e sollievo.

Ma la mia presenza oggi ha anche un altro scopo. Desidero continuare quella lezione che avevamo sospesa, per farvi riflettere con bontà materna sullo stato della vostra coscienza, perché non avvenga che vogliate riparare le offese degli altri, mentre poca delicatezza adoperate verso Colui che va riempiendo il vostro cammino di grazie e favori senza numero. Vi voglio dunque parlare della coscienza, voce di Dio.

Quando Dio creò il primo uomo, impresse nella sua anima, oltre alla legge morale secondo la quale si sarebbe dovuto comportare per piacere a Lui, anche una voce segreta, che approvasse il bene compiuto secondo questa legge e disapprovasse il male che la combatteva.

Questa legge e questa voce sono il corredo di cui viene arricchita ogni anima, allorché Dio ne fa dono al corpo umano al suo concepimento. Chi ascolta la voce della coscienza non può sbagliare, poiché Dio lo giudicherà in rapporto della sua obbedienza a tale richiamo interiore.

Ma come avviene, - potrete dirmi voi -, che alcune persone agiscono male e non sentono nessun rimprovero, nessun richiamo della coscienza?

Vi spiego, figli. Quando voi per lungo tempo adoperate le vostre mani in lavori duri e pesanti, esse si incalliscono, non è vero? Cosicché le vostre mani perdono la sensibilità; le potreste persino pungere con uno spillo e non sentireste nessun dolore. Così vi sono coscienze indurite e incallite dal peccato, che più non avvertono il dolce suono della voce di Dio e il male va stampando in esse come una coltre funerea che impedisce di vedere la luce. Ma oltre alle coscienze indurite vi sono le coscienze false. Vi sono alcune persone che si sono stabilite un codice fatto su misura, che si adatta alle loro necessità ed esigenze naturali e spirituali e in base a questo codice credono bene di comportarsi.

Vi sono persone che frequentano la chiesa, che fanno uso anche quotidiano dei sacramenti e non rispettano i diritti della famiglia, che hanno formato con giuramento davanti all'altare di Dio. Ve ne sono altre che pensano alla loro tranquillità e felicità, senza rendersi conto che distruggono quella degli altri che hanno gli stessi loro diritti, che andrebbero accettati anche se costa sacrificio.

Vi sono persone che ancora, come Pilato, si lavano le mani e si dichiarano innocenti e non responsabili di tanti delitti che avvengono nel mondo, senza rendersi conto che forse quella disperazione che ha spinto al suicidio è stata generata da quell'egoismo e da quella situazione familiare in cui è mancata la giustizia e l'amore.

Vedete anche persone che credono di aver diritto a ogni benessere, procurato in un modo qualsiasi, che va dall'avarizia all'arte del rubare e che davanti agli uomini passano per persone giuste ed encomiabili.

Avere una coscienza retta è dunque molto importante. Avere una coscienza severa non vuol dire essere esagerati, ma usare con il prossimo quella giustizia che vorreste fosse usata con voi e avere quel timore di Dio che vi fa agire sempre alla sua presenza.

La coscienza larga è quella indulgenza che ognuno è desideroso di usare con se stesso, cercando di trovare in ogni azione cattiva un'attenuante e una discolpa; è quella compassione sbagliata che ognuno è portato a sentire verso se stesso, ma che non userebbe verso altri che dovessero agire allo stesso modo.

Quando la coscienza è falsa o elastica, non è facile potersi giudicare.

Occorre mettersi alla presenza di Dio ed esporre a Lui, con semplicità, lo stato della propria anima. Confrontandovi con il modo di vivere dei santi, potete qualche volta dire a voi stessi: Se essi sono riusciti a comportarsi secondo la legge di Dio, perché non devo riuscirci io?

Quando gli uomini compariranno davanti al tribunale di Dio, tutto apparirà con chiarezza, e chi sarà stato molto severo con se stesso troverà venia e misericordia presso di Lui, mentre chi sarà stato troppo indulgente incontrerà la severità del Giudice supremo.

Figli, esaminatevi e concludete. Fate che la limpidezza della vostra coscienza sia come una campana che, squillando continuamente, richiami altri al bene.

Ed ora a Gesù, che ha voluto che lo sostituissi nella lezione del giovedì, date gloria e onore. Vi ricordo il fatto evangelico. Un cieco va gridando per la via: "Gesù, Figlio di Davide, abbi pietà di me!". Molti cercano di farlo tacere, ma Gesù lo chiama: "Che cosa vuoi?". Ed egli: "Maestro, fa ch'io veda!". "Va, la tua fede ti ha salvato", risponde Gesù e quegli subito ricupera la vista.

Per tutti coloro che, ciechi nello spirito o dotati di una falsa coscienza, desiderano ritrovare la luce, ecco la via: umiliarsi davanti a Dio e pregare perché a Lui tutto è possibile.

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