Ricorrete a san Giuseppe

 


29 Febbraio 1976.

Figli diletti, venite accanto al mio cuore! Sono la Mamma vostra e desidero farvi intendere tutti i miei affetti. Desidero far vibrare i vostri cuori all'unisono col mio cuore e rendervi, in tal modo, sempre più cari a Dio.

Il mio Gesù vi parlò del suo amore paterno per tutte le creature, ed io voglio farvi intendere il mio amore materno, cosicché nessuno si debba scordare di me, tutti si debbano affidare alle mie cure, ed io possa portarvi a Colui che è il Salvatore del mondo.

Quanti rifiutano la salvezza, figli! Sembra una cosa inaudita, una cosa inverosimile, eppure, anche negli ultimi momenti di vita terrena si rifiuta la fede, si rifiuta l'amore di Dio e si preferisce perire miseramente e finire negli artigli di satana. Ecco perché vi mostro il mio cuore e desidero farvi intendere i suoi affetti.

Vi è un santo nel cielo e vi fu una persona sulla terra alla quale dedicai tutto il mio affetto, dopo Dio, e che fu presente, per volontà del Padre, in tutti i momenti più dolorosi della mia vita di sposa e di madre. È Giuseppe, questo giusto che io amai teneramente e che ubbidii con grande semplicità, poiché vedevo in lui l'autorità divina.

Giuseppe fu per me come un grande condottiero, a cui affidai il governo della nostra famiglia umana e divina, senza preoccuparmi che di fargli piacere, sicura di fare la volontà di Dio, ogni volta che esprimeva un desiderio o che dava un comando.

La sua castità perfetta, accompagnata da una grande umiltà, dava a me e a tutti coloro che l'avvicinavano un senso di timore e di rispetto, anche se i suoi parenti lo tacciavano d'incapacità e di debolezza.

Giuseppe, il giusto, il fedele mio sposo, viveva una vita d'unione con Dio così profonda che, attualmente, l'avreste potuto chiamare un perfetto asceta. Eppure la serenità del suo sguardo e la dolcezza del suo sorriso lo rendevano amabile, anche quando situazioni difficili avrebbero potuto causargli turbamento.

Egli era mite e forte al tempo stesso, per cui sapeva dominare sé stesso e il proprio corpo, imponendosi gravi sacrifici e sottoponendosi a molte ore di lavoro. La sua virtù era la bontà, per cui, solo guardandolo, invogliava ad essere buoni. Chi si rivolgeva a lui per chiedere aiuto, era sicuro d'ottenerlo, perché non conosceva l'egoismo, e la generosità del suo cuore non gli permetteva di vedere altri soffrire.

Vicino a lui la preghiera e il lavoro prendevano un unico nome: amore di Dio e del prossimo, per cui non si poteva scoprire quali delle due cose fosse la più pregiata davanti a Dio. La preghiera infatti veniva compiuta come il lavoro più impegnativo e il lavoro come un atto solenne da offrire a Dio.

Che protezione, che conforto, che insegnamenti saggi, prudenti e santi, poteva darmi Giuseppe! E quanto amore metteva nelle lezioni che dava a Gesù fanciullo, perché imparasse ad usare con precisione quegli strumenti del suo lavoro che per trent'anni avrebbero dovuto occupare il Figlio di Dio, fatto uomo, nel mestiere del fabbro!

Oh, figli, se voi aveste sentito il nostro canto, quando nelle ore serali o all'alba, uniti come un cuor solo, ci elevavamo a Dio coi salmi e con quelle invocazioni che reclamavano la redenzione!

Vi sembrerà strano che io vi parli di queste cose così semplici e così belle che avvenivano nella casa di Nazareth; eppure sono quelle che io vado insegnando a voi e che vorrei si ripetessero in ciascuna famiglia di questo mondo. Come sarebbe bello vivere, come sarebbe sopportabile la croce! Come sarebbe santificato l'amore e il lavoro! E come diventerebbe anche dolce il morire!

Credete voi che Gesù, Figlio di Dio, abbia fatto tanti miracoli per rendere facile la nostra vita? Oh, no, figli! Il miracolo più grande fu questo: di condurre una vita ordinaria con tutte le sue pene e le sue esigenze, in un modo straordinario, sapendo esercitare la fede, la speranza e la carità; sapendo credere alla presenza di Dio, alla sua provvidenza e alla sua bontà, anche quando gli avvenimenti andavano in modo drammatico.

Sì, grande fu la pazienza esercitata da Giuseppe, anche quando si trattava di rinunciare a tutto ciò che umanamente era lecito, di lasciare una casa per cercarne un'altra in esilio, poi di ritornare, e ogni volta ricominciare e sempre tutto fare per amore di Dio e in omaggio alla sua volontà.

Ora vi accingete a cominciare un mese dedicato al mio sposo. Io vi ringrazio e sarò con voi quando lo pregherete. Lui che è viceré del paradiso, non dubitate, vi aiuterà e intercederà per voi presso il Signore.

Il mio sposo, che io ubbidii in vita, ricambia continuamente la mia ubbidienza e si fa mio interprete presso Dio. Egli è protettore universale della Chiesa, di cui io sono Madre, e voi lo dovete invocare perché le eresie non trovino facile strada nelle coscienze e nei cuori.

A lui, che portò in salvo il bambino Gesù, affidate i giovani ed i bambini perché urge la sua opera. In tutte le vostre necessità familiari, ricorrete a lui. Egli arriva facilmente al mio cuore.

Figli, ogni giorno una preghiera, ogni giorno un fiore rappresentato da un sacrificio, ogni giorno leggete in sua compagnia un'istruzione, una meditazione. Vi assicuro che questo mese di marzo segnerà un ricordo particolare nella vostra vita, che vi darà gioia in punto di morte.

Vi benedico tutti, figli.

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