Siate vigilanti nell'attesa dello sposo

 


15 ottobre 1974

Figli diletti, sia pace a voi e grazia ed ogni bene. Ecco, sono in mezzo a voi, felice di essere come una di voi, la vostra sorella maggiore, che desidera rendervi simili a sé per potere per sempre godere con voi nel cielo.

Sapeste, figli, com'è bello vivere amando il Signore. Sapeste che grande cosa è la fede. Sapeste che gioia grande si gode in paradiso. Tutti gli uomini della terra dovrebbero essere tesi verso questo ideale: raggiungere la gloria. Come le dieci vergini della parabola, infatti, l'umanità va verso lo Sposo delle anime. Ma che avviene? Osservate e vedrete che anche oggigiorno la parabola corrisponde a verità.

Ci sono molti che, mentre dovrebbero essere vigilanti nell'attesa, si addormentano lasciando mancare l'olio alla lampada. Vinti dalla stanchezza o dalla pigrizia, dall'inerzia o dall'indolenza, non si curano di ciò che li attende. Preferiscono pensare alle cose di quaggiù e godere delle gioie effimere che il mondo offre. Sì, è veramente un sonno letargico quello di molti, ai quali non dicono nulla le verità della fede. La vita futura non li attira. Pensano di star bene qui e d'immergersi nel dolce sonno di chi dimentica e sogna.

È in arrivo per tutti lo Sposo, perché passa la scena di questo mondo, e lo Sposo viene per accogliere coloro che hanno tenuto in serbo l'olio con cui accenderanno la lampada ed entreranno a festeggiarlo. Figli miei, vorrei che di quest'olio, che è il dolore delle colpe, ne aveste tutti una buona riserva. Vorrei che foste previdenti come le formiche che, sentendo avvicinarsi il freddo, fanno nelle loro piccole case buone provviste per l'inverno. Le cicale, che amano solo cantare, dovranno morire nella stagione invernale.

L'inverno della vita, figli, è quando cala il sipario e si apre, al di là di esso, la porta dell'eternità. L'olio del dolore sia sempre con voi. Vivete in quest'attesa così. La vigilanza più attenta potrebbe forse non impedire alla morte di sorprendervi, ma se tenete costantemente nel cuore il dispiacere di avere offeso Dio, non dovete temere. Dal dolore si passa presto all'amore. Ecco la fiaccola accesa.

Che cosa desidera lo Sposo se non che le anime, sue spose, l'amino? È vero, sentite spesso molti che asseriscono di credere in Dio, ma che vale credere se non si ama? E che significa amare se non osservare pienamente i comandamenti da Lui prescritti? Dicono alcuni che hanno fede, ma come possono asserire questo, mentre della fede accettano solo le verità che fanno al loro comodo e rifiutano quelle che comportano sacrifici e rinunce?

Sì, molti dicono di credere e si sentono completamente a posto, poiché a parer loro non commettono grossi peccati. Badate bene, figli miei, che, mentre dicono di non rubare, sanno anche rubare. Forse non andranno a scassinare le casseforti, ma c'è anche un altro modo di rubare e voi ben lo sapete. Vi sono coloro che si ritengono giusti perché non uccidono, eppure quante persone moralmente possono essere uccise e a quante si può lasciar mancare il necessario per vivere. Così questi credenti, che pure hanno ricevuto il Battesimo e gli altri sacramenti, si ritengono dispensati dalla Messa domenicale, dal dovere della preghiera e da tutti quei doveri che la carità impone.

Voi capite bene che, se l'umanità insonnolita e senza olio viene rappresentata dalle cinque vergini stolte, dobbiamo aggregare ad esse non solo chi fa male ma anche coloro che non fanno quel bene che dovrebbero fare. Oh, quanta desolazione! E come dovrebbe il mio Gesù lamentarsi di molti! Voi siete però i ferventi, siete coloro che riparano, siete coloro che accolgono il Vangelo in tutti i suoi particolari e che i comandamenti li praticate per intero, senza scuse e senza reticenze.

Che cosa vi dirò? Perfezionatevi sempre più e siate di quelli che stanno sempre sulla breccia. Avete croci da portare, pene che vi affliggono. Vi prego, non rendetele più grosse di quel che sono, perché il mio Gesù sa bene l'arte sua: la croce l'ha misurata con la vostra forza e, se ve l'ha data, sa che potete portarla. Il dolore è considerato come un nemico di cui si accusa sempre il Signore. Voi sapete che non è così. È un mezzo di salvezza, e come Gesù ha voluto sottoporre le sue spalle alla croce per salvare tutti, così vuole da ciascuno un piccolo contributo per valorizzare il suo sacrificio.

È anche vero che siete stati creati per la felicità ed è più che giustificato il vostro desiderio di salute, specie se la desiderate per poter compiere, oltre al vostro dovere, un po' di bene; ma se amate la croce, essa vi porta. Ho tanto caro, figli, di ricordarvi oggi Teresa d'Avila, che tanto aveva amato il dolore, d'arrivare a dire: "Signore, o patire o morire; meglio patire che morire". Questo diceva non tanto perché temesse la morte, ma per la gioia che le procurava il dolore accettato ed offerto per amore. Non siate mai di quei cristiani che di ogni piccola cosa ne fanno una lamentela e una tragedia. Imitate santa Teresa. Guardate in faccia alla realtà della vita con tanta sicurezza che il Signore vi vede, vi ama e non vi abbandonerà.

Grazie, figli, sono certa che mi avete capita e che da questa piccola lezione ritrarrete seri propositi. Abbiate sempre un dolore vivo dei peccati passati e di quelli di tutti gli uomini.

Guardate la meta che dovete raggiungere e, riempiti d'amore vero, vivete nell'osservanza della legge nei suoi minimi particolari.

Vi benedico mettendovi una mano sul capo, perché le verità della fede siano per voi sempre più limpide.

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