Desidero parlarvi dell'umiltà

 


26 febbraio 1974

Figli diletti tanto cari al mio cuore, ecco che ancora sono qui per dirvi: godete nel Signore, poiché Egli vi arricchisce di sempre nuovi favori. Dio, l'Emmanuele, è ancora in mezzo al suo popolo per dargli il pane di vita, la sua Parola e il suo Corpo, come luce e come sostentamento. Ed io, quale sua e vostra Madre, lo accompagno nella sua opera, vi rendo facile la parola e vi preparo ad accogliere il suo dono d'amore.

Figli diletti, siano sempre aperte le vostre orecchie per udire e i vostri occhi per vedere, ma specialmente sia disposto il vostro cuore ad accogliere il dono d'amore, perché non si debba dire di voi: Ebbero orecchie ma non udirono, ebbero occhi ma non videro, il loro cuore era chiuso dalla durezza del loro egoismo.

Oh, no! non permetterò mai che questo avvenga, poiché io farò come quelle maestre buone e severe al tempo stesso che sanno consigliare e richiamare con dolcezza e con forza secondo la necessità.

Sono la Madre della santa umiltà, figli miei, e sebbene altre volte vi abbia parlato di questa virtù, pure desidero ribadire i principi che la formano e che l'alimentano, così da rendervi tanto umili e perciò tanto cari a Dio.

Vi riferisco a questo punto un fatto evangelico. Gli apostoli con Gesù erano incamminati verso Cafarnao e Gesù, pensando a ciò che l'attendeva, parlò della sua passione e morte ed anche della risurrezione che sarebbe avvenuta il terzo giorno dopo la sua morte. Ma gli apostoli non capirono il linguaggio di Gesù, fecero per così dire orecchi da mercante. Ripresero invece tra loro un discorso che già avevano fatto altre volte: chi di loro doveva essere il primo. Forse sarebbero arrivati anche ad un bisticcio. Buon per essi che, essendo arrivati a Cafarnao, si fermarono; e Gesù, dopo aver voluto sapere da loro il motivo della discussione, disse: "Se uno vuol essere il primo, sia ultimo e servo di tutti". Preso poi fra le braccia un bambino, lo alzò verso il cielo e disse: "Chi accoglie lui, accoglie me; ma se non sarete come bambini non entrerete nel regno dei cieli".

Tutti a questo mondo si comportano un po' come gli apostoli in questa occasione. Quando si parla di sofferenza, anche se Gesù la decanta e l'adopera come mezzo di salvezza e anche se è il dono più prezioso che fa agli amici, gli uomini non ne vogliono sapere. Se si tratta invece di metter in auge la propria capacità e di mostrare il proprio valore, tutti o quasi tutti sono propensi a farlo.

Io vi metto in guardia perché non vengano sciupate le opere che tanto bene cercate di compiere. Desidero che vediate sempre, in tutto ciò che compite, la grazia di Dio e il suo aiuto, senza del quale non sareste che delle persone incapaci.

Vi è stato detto che senza l'aiuto di Gesù non sapreste nemmeno dire "Gesù" che valga per la vita eterna. Per ogni opera buona infatti che voi compite, vi occorre non solo la grazia santificante per cui la vostra opera ha un valore divino, ma anche la grazia attuale, ossia quella grazia del momento per cui sentite in voi il desiderio di fare il bene e la forza per superare il rispetto umano e quella pigrizia naturale a cui l'uomo è inclinato. Se dunque fate del bene e sentite dentro di voi una gioia vivissima, ringraziate Dio che vi ha dato modo di compierlo e indirizzatelo subito alla sua gloria.

Anche gli apostoli, inviati da Gesù, andavano per le vie della Giudea e della Galilea parlando di Lui e compivano persino miracoli e prodigi. Tra questi vi era anche Giuda, e lui pure in nome di Gesù aveva compiuto dei miracoli, ma poi lo spirito di superbia lo riempiva così da desiderare di regnare su Israele come il Messia.

Gli apostoli del mio Gesù devono qualificarsi per quella gioia che hanno nel fare il bene, ma anche per quella retta intenzione che li muove ad operare e quell'attribuire a Dio il buon esito del loro lavoro. L'umiltà è verità. Se fate del bene non potete dire diversamente, ma dovete rallegrarvi non già con voi stessi, ma con Dio, sommo Bene e autore di ogni cosa buona.

Un altro pensiero deve guidare quell'apostolato così prezioso che compite a favore dei fratelli come missionari della Madonna. Voi siete stati chiamati prima, ma chi viene dopo è uguale a voi. Dovete perciò avere grande stima per tutti, amare tutti e ritenere che, essendo gli operai della prima ora, voi avete il dovere di servire gli altri.

In ognuno che viene al cenacolo o che chiamate a partecipare, dovete vedere quel bambino che dovete accogliere per amore di Dio, perché si verifichi ciò che Gesù diceva: "Accogliendo lui, accogliete me".

Nessun spirito di rivalità o di gelosia o d'invidia deve entrare per la porta di questa casa, ma se ci deve essere una gara sia nell'essere i più piccoli di tutti. I piccoli credono con facilità, non disprezzano nessuno e accettano i piccoli doni con riconoscenza e con gioia. Siate così anche voi.

Capita qualche volta che alcuni desiderino di avere parole speciali indirizzate a loro e la Mamma tace. Volete sapere il motivo? Vuole farvi crescere in quella virtù che le è molto gradita.

Figli miei, vi ringrazio di tutto quello che fate e v'incoraggio a continuare con saggezza, con prudenza, con generosità e con costanza, a fare ogni cosa. Ma vi prego, mettete la base salda dell'umiltà, perché solo così persevererete. Gli insuccessi, le contrarietà, le avversità sono all'ordine del giorno. Le battaglie del maligno sono continue, le persecuzioni sono in agguato, ma se sarete umili non subentrerà in voi né lo scoraggiamento né la disperazione. Guardare ogni cosa alla luce della volontà di Dio e accettarla con sottomissione è umiltà in atto, poiché quale diritto hanno gli uomini di sindacare la volontà di Dio?

Mettete Dio davanti a voi: Dio da sempre meglio conoscere, Dio d'amare come meglio potete, Dio da servire in tutto e in tutti, e sarete sereni nella vita presente e felici nella vita eterna.

Vi benedico tutti e vi amo tanto, più di me stessa.

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