Chi pensa a ringraziare?

 


12 Novembre 1975 (a Muggiò)

Figli, tanto cari al mio cuore, sia pace a voi! Sono l'immacolata Madre di Dio, presente in mezzo a voi. Desidero oggi ricordare a tutti voi e a tutti coloro che nel corso dei secoli e in tutti i luoghi della terra leggeranno questa mia parola, un dovere particolare a cui poche persone pensano.

Permettetemi di ricordarvi un fatto miracoloso avvenuto durante gli anni di vita pubblica del mio Figlio. Gesù era entrato in un villaggio, quando gli vennero incontro dieci lebbrosi, chiedendo di essere guariti. Gesù li guarì e li invitò a presentarsi ai sacerdoti. Di questi dieci, però, uno solo ritornò a ringraziare Gesù. Il mio Figlio dimostrò il suo disappunto per l'ingratitudine dei nove e lodò colui che era ritornato a dimostrare la sua riconoscenza, assicurandolo che la sua fede l'aveva salvato.

Quanto sia doverosa la riconoscenza, e quanto cara a Dio, appare in modo evidente da questo fatto. Ma voi dovete riferirlo a voi stessi, e vedere se avete qualche cosa da aggiungere o da rettificare nel vostro comportamento. Il mondo è pieno di gente scontenta. Anche tra i cristiani praticanti, l'insoddisfazione del proprio stato crea quella tristezza che certamente non va d'accordo con la santità.

La vita dell'uomo è un continuo beneficio da parte di Dio. Ogni attimo di vita, ogni giornata vissuta, ogni lavoro che si ha la forza di compiere e la salute, sono tutte grazie che il Signore gratuitamente dona. Le grazie spirituali, poi, sono un susseguirsi di aiuti che assomigliano a quei miracoli compiuti da Gesù nel dare la vista ai ciechi, l'udito ai sordi e nel far camminare i paralitici, quando non ci sono le vere risurrezioni, come quella di Lazzaro. Infatti, la chiarezza di idee per capire le verità eterne, la grazia di poter sentire le buone ispirazioni e di proseguire nella via della virtù, sono realtà spirituali, e la vita che si comunica alle anime morte alla grazia, rappresenta una vera risurrezione.

Ma chi pensa a ringraziare per questi doni d'inestimabile grandezza? Sono pochi coloro che pensano a ringraziare Dio per il sole che illumina e riscalda, per il vento che diffonde la vita vegetale, per la pioggia benefica, per la neve che custodisce sotto il suo manto il frumento, che a primavera metterà i primi germogli. Eppure, se mancassero tutti questi doni, non si potrebbe vivere.

Ma non si ha nemmeno il più piccolo pensiero di gratitudine per tutti quei beni morali che danno la gioia di vivere: il cuore umano con tutti i suoi affetti; la famiglia con le sue caratteristiche, con quel calore che dovrebbe donare; l'intelligenza, che permette di capire e di captare il senso profondo e intimo delle cose e di scoprire nel mondo ciò che vi è di più bello e di buono per l'utilità privata e pubblica; e il dono della volontà, che permette all'uomo di agire, di costruire e di compiere quelle opere che sembrano perfette e divine tanto raggiungono una precisione estremamente grande.

Ebbene, davanti ad un cumulo di benefici, tutti doni di Dio, l'uomo rimane come assente col pensiero; anzi, pensa di appropriarsene il merito e il valore, così da ritenersi il creatore. Quale ingratitudine! E quale ringraziamento dovrebbe esserci da parte di tutti! L'ingratitudine è però anche una piaga che affligge la società. Ditemi se è vivo il senso di riconoscenza dei figli verso i genitori, degli alunni verso i maestri, degli operai verso i datori di lavoro e viceversa. Qualche volta è la memoria che fa difetto, ma il più delle volte è quell'ingratitudine vera per cui si ritiene che tutto ciò che si riceve sia dovuto.

Avete mai pensato di ringraziare il vostro confessore che vi dona l'assoluzione, o il sacerdote che ogni giorno, celebrando la santa Messa, porta Gesù sull'altare e lo fa scendere nel vostro cuore per mezzo della Comunione? Se doveste poi estendere la vostra riconoscenza a coloro che incontrano grandi sacrifici per voi, non dovreste dimenticare chi lavora nelle fabbriche e nelle officine, anche nelle ore notturne, e nemmeno chi vi prepara il pane fresco del mattino e chi accudisce ai vostri malati, quando giacciono nei letti d'ospedale.

Un senso di gratitudine infinita dovrebbe prendere il vostro cuore, per cui ciascuno si dovrebbe sentire molto debitore verso il proprio fratello. Se nelle vostre case, nelle comunità religiose, nelle scuole e dovunque si portasse questa riconoscenza per aver ricevuto, ne verrebbe per conseguenza la gioia di dare e sarebbe come una restituzione.

Figli miei, la gratitudine che vi deve far elevare il vostro "Magnificat", si unisca alla mia, perché, più sarete convinti di aver tutto ricevuto, e più vi sentirete piccoli davanti a Dio e agli uomini. Oh, figli, abituatevi a dire con convinzione il vostro grazie! Sia un'espressione sincera e un mettervi a disposizione per ricambiare ciò che vi viene donato. Meglio un grazie in più che una mancata parola di gratitudine. Comprendete tutte le creature della terra nel vostro inno di ringraziamento, e ringraziate per tutti, anche per coloro che non sanno aprire bocca se non per imprecare.

Vi benedico tutti ad uno ad uno e vi raccomando: tenetemi nel vostro cuore, perché possa ringraziare in voi e con voi. Arrivederci, figli.

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