Chiamata alla fede, chiamata alla grazia

 


30 giugno 1974

Figli diletti e cari, sono costantemente con voi, desiderosa di farvi del bene e di aiutarvi in tutto.

Sono la Vergine delle vocazioni e vado chiamando anime perché diventino seguaci del mio Gesù. Le chiamo alla fede, alla vita di grazia e di perfezione.

Alla fede chiamo anche per mezzo di alcuni vostri fratelli, che, lasciando famiglia e patria, salpano gli oceani per portare l'annuncio della buona novella ad altri popoli.

Per voi la chiamata alla fede è stato il dono della prima ora. Alcuni hanno perseverato nella fede, hanno risposto alla chiamata. Altri, ad una svolta pericolosa, cioè quando s'imbatterono in alcune difficoltà o nella giovinezza o anche nell'età matura, forse dopo il matrimonio, hanno trascurato il dono impareggiabile della fede e ad un certo punto si sono accorti di non credere più. È qualche volta uno scandalo visto o subito, altre volte è tutto un processo di cose che trascinano per così dire lungo una china. Si comincia dapprima trascurando la preghiera, poi la Messa, poi non si pensa alla pratica cristiana come ad un dovere d'amore ma ad una costrizione che toglie la libertà, e avviene nelle anime una ripugnanza che si tramuta ben presto in ribellione. Anche alcuni di voi sono passati per questa via; ma il mio Gesù continua con i suoi insistenti richiami, che io accompagno con tenerezza materna, ed ecco i ritorni alla fede.

Se chi non crede perché non ha conosciuto la verità, la rivelazione, soprattutto il Vangelo, volesse riflettere, anche solo con la ragione potrebbe risalire fino all'esistenza di Dio. Basterebbe guardare il sole o il rinverdire delle piante a primavera o il mirabile congegno del corpo umano per persuadersi che cose tanto perfette non potrebbero sussistere senza un Creatore onnipotente che, avendo dato vita, conserva ogni cosa. Ma per chi possedeva questa perla preziosa che è la fede e l'ha perduta per trascuratezza, o perché vivere senza il pensiero di Dio è più comodo, ecco l'opera ancora più solerte della grazia. Il nostro Gesù, veramente come il buon Pastore, va alla ricerca delle pecorelle smarrite.

Ogni persona qui presente ha da narrare la propria storia di fede, di dolore, di dubbio e di abbattimento. Dal momento in cui siete venuti qui, avete avuto una particolare chiamata a ricostruire ciò che avevate perduto, a rafforzarvi ed a continuare fiduciosi facendo della fede la vostra forza. Vi sono madri e padri che piangono sui propri figli che hanno perduto la fede. Forse non tutti avete avuto la premura di approfondire i principi della fede perché non fosse puramente esteriore e superficiale. Che cosa dovrete fare ora? Dovrete riguadagnare il terreno perduto e con bontà, con serenità e con carità dovrete portare i vostri argomenti sul campo religioso, dopo aver chiesto aiuto a Dio con la preghiera.

Se una mamma deve dare la vita ai propri figli, non deve scordare che la vita è un'unione di anima e corpo. Nello stesso modo con cui si preoccupa di nutrire il corpo del suo figlio, dovrà nutrire anche l'anima e le sue parole devono essere il mezzo. È indispensabile che chi deve dare possieda. Che cosa darà una mamma che non vive di fede, di preghiera, di pratica cristiana?

Purtroppo molte famiglie sono disunite, altre si avviano verso il divorzio, altre ancora hanno un inferno anticipato. Si piange ma troppo tardi, poiché, se la religione, il pensiero di Dio e il suo amore avessero unito i due coniugi fin dal primo giorno del matrimonio, non sarebbe entrato il demonio in tante case. Ma i giovani sono solitamente preoccupati di conservare l'attrattiva e la passione. Queste sono cose fugaci poiché, essendo umane, passano; ecco come avviene che si manca di fedeltà, di coraggio e si è incostanti.

La fede è una fortezza, è una roccia che dà resistenza nelle lotte della vita e nei diversi incontri pericolosi. Finché c'è vita si può ritornare sui propri passi e ristabilire l'ordine tra la creatura e il suo Creatore. È questa la seconda chiamata, quella della grazia. Il peccato appare un atto che dona libertà e gioia, mentre rende schiavi di sé stessi e degli altri. Deporre le proprie miserie nel cuore di Dio e cominciare una vita regolare nell'adempimento dei comandamenti di Dio e dei doveri del proprio stato, è rispondere alla chiamata di Colui che disse: "Io ho un'acqua bevendo la quale non si ha più sete in eterno".

A voi che venite qui ai miei piedi per piangere e pregare, io con insistenza faccio sentire la chiamata di Dio di cui sono come l'eco: Convertitevi, lasciate quelle miserie a cui tenete attaccata la mente, il cuore, il corpo. Qui vi disseterete e la grazia inonderà di gioia la vostra anima così da sentirvi felici. Non si può esser felici vivendo nel peccato, perché esso lascia un amaro in bocca che difficilmente si può togliere. Il peccato reca insoddisfazione e tristezza, quando non porta malattie fisiche inguaribili.

Siete qui, figli, e mi pare di ascoltare dalla vostra bocca numerosi lamenti. Siete mariti, figli, mogli, suocere o nuore. Tutti gemete e sospirate perché vedete irrealizzati i vostri desideri e vi vedete come immersi in un mare di guai. Eppure tutti siete chiamati alla felicità. La felicità per essenza è Lui che non conosce ombra di tristezza. Figli, riempitevi di Dio se volete essere felici. Tutti i vostri malanni, provate a guardarli con gli occhi della fede, sopportateli in grazia di Dio, offriteli a Lui per amore e la gioia riempirà le vostre giornate. So che molte persone presenti hanno fatto questa esperienza e godono di essa come di una meravigliosa scoperta. Fatene la prova tutti. Io vi sono vicina e vi aiuto benedicendovi.

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